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Borsellino lo accoglie sotto la sua ala protettiva. «Ti devi sposare e mettere la testa a posto, mi diceva, devi dare un senso alla tua vita. Mi fidavo ciecamente e fu così che gli raccontai tutto di Maria. Quando terminai Borsellino mi disse che la doveva arrestare per favoreggiamento. Naturalmente non lo fece, capì che era una brava ragazza e che lei sarebbe stata importante per la mia nuova vita».
Per tre anni Maria non sa più nulla di Vincenzo. «Mi sono chiusa in me stessa, per tre anni non ho più voluto vedere un uomo, pregavo e aspettavo che ritornasse». Fino al giorno in cui arriva una telefonata: «Sono Ruggero, sono in Sardegna, ci dobbiamo vedere immediatamente». «Ero tornato ma ero un altro uomo. Il programma di prote-zione per i collaboratori di giustizia era la mia nuova famiglia e mi aveva accordato un domicilio vicino alla casa di lei». Vincenzo le fa una proposta folle: seguirlo nella sua vita sotto protezione, nomi diversi in una località segreta. «Gli risposi di sì. Di nascosto dalla mia famiglia feci la richiesta al Servizio centrale di protezione, una quantità e-norme di documenti. Vincenzo fu trasferito e dopo qualche mese mi comunicarono che ero ufficialmente entrata nel programma di protezione».
Maria tiene la famiglia completamente all'oscuro di tutto. Già tre anni prima avevano tentato di impedire il suo rapporto con quell'uomo di dodici anni più vecchio di lei. «Abbandonai tutti i miei affetti su due piedi, senza avvertire nessuno. Una vita intera tra casa, ospedale e qualche amico cancellata di colpo. Presi un aereo per la prima volta per raggiungere il mio uomo». L'aereo porta la ragazza di buona famiglia verso una nuova vita, da trascorrere in una località sconosciuta, al fianco di un killer pentito, bracca-to dalla mafia. All'aeroporto di Verona Villafranca una donna commissario di polizia la accoglie con le istruzioni per raggiungere Vincenzo. Riva del Garda, il suo primo domici-lio segreto.
Oggi Vincenzo e Maria hanno quattro figlie, sono fuori dal programma di copertura per una serie di vicende processuali e vengono protetti dal figlio di colui che Vincenzo avrebbe dovuto uccidere: Manfredi Borsellino. «Quando uscimmo dal programma fu proprio la famiglia del giudice ad aiutarci». In quasi diciassette anni il legame non si è in-terrotto, diventando sempre più forte. «Manfredi ha battezzato mia figlia e appena ho avuto la possibilità ho portato le mie quattro ragazze e mia moglie a pregare sulla tomba di Borsellino».
Nel 1998 un proiettile e un pesce morto in un busta avrebbero rotto il precario equilibrio della famiglia Calcara. I parenti di Maria non erano ancora riusciti a trovarli, la ma-fia ovviamente sì. «Maria era incinta e iniziò a uscire di casa inventandosi mille scuse. Aveva preso il porto d'armi di nascosto, si era procurata due pistole e andava al poli-gono di tiro per imparare a sparare». «Volevo difendere il mio uomo e le mie figlie - spiega lei candidamente -. Quando mi scoprì successe il finimondo, mi costrinse a sba-razzarmi delle pistole. Ma io non ho paura di nessuno. Che vengano pure, io non li temo».
Oggi Vincenzo e Maria vivono in campagna, nell'ennesima casa cambiata per proteggere le figlie. Sempre con l'aiuto di Manfredi Borsellino. «Non siamo sposati, ma una donna che ha fatto tutto questo per me è molto più di una moglie», ripete Vincenzo con la sua voce dirompente.
